Lascio per un momento le fotografie da parte per tornare a parlare di cinema. Ho visto “Il quinto potere”, messa in scena romanzata dell’ascesa e della evoluzione di WikiLeaks, dagli albori fino al momento di massima notorietà.
Il film è piacevole ma lascia alcuni dubbi. Il primo riguarda la fedeltà con cui è stato rappresentato il personaggio di Julian Assange. Forse gli autori hanno calcato troppo la mano nel volerlo rendere ad ogni costo un personaggio cinematorafico conferendogli un’aura di guerriero solitario e pieno di ombre che, probabilmente in realtà non ha nessun fondamento.
Il secondo dubbio viene ai titoli di coda, alla fine non si capisce bene il film dove voleva andare a parare. Troppo in equilibrio tra i rivoluzionari fautori della verità ad ogni costo e il potere costituito. La storia del funzionario libico salvato dalla dipolomatica americana è presentata e svolta veramente male. Improvvisamente ci si trova nel trailer di una spy story di genere.
Bravo Daniel Bruehl, che avevo recentemente apprezzato nell’interpretazione di Niky Lauda in Rush, a rappresentare la coscienza di WikyLeaks. Per me il vero protagonista della storia. Un po’ meno Benedict Cumberbatch che forse si è distratto e credeva ancora di stare sul set del più recente Star Trek.
Il film è piacevole, interessante e pone allo spettatore delle domande senza però fornire una narrazione approfondita. Forse ci voleva un po’ più di coraggio nella sceneggiatura che a tratti resta opaca.
Uscendo dal cinema ho sentito alcuni spettatori accostare questa pellicola a “The Social Network”, il film sull’ascesa di Facebook. Nesun paragone è ragionevolmente possibile. Sono due pellicole inaccostabili.
Due stellette e mezzo, ma forse anche tre, su cinque.