Se diamo credito a Wikipedia, Cenerentola è una fiaba di origini cinesi o egiziane. Per molti di noi Cenerentola è la dolce fanciulla del film d’animazione Disney del 1950, storia accreditata al francese Charles Perrault e successivamente ai tedeschi fratelli Grimm. Poi c’è la Gatta Cenerentola pubblicata postuma tra il 1634 ed il 1636 ne “Lo cunto de li cunti” da Giambattista Basile (Giugliano in Campania 1566 -1632) nota al grande pubblico grazie alla messa in scena del 1973 di Roberto De Simone.
Sostanzialmente una storia di sorelle e sorellastre, matrigne cattive, re e principi azzurri, gran balli a corte ed una scarpetta.
In questi giorni è uscito sul grande schermo la versione graphic novel animata diretta da Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnierie Dario Sansone. Gran successo al Festival del Cinema di Venezia, ottime recensioni sui giornali e commenti positivi da parte di amici che la avevano vista. Sono andato a vederla anche io.
I film d’animazione italiani, nei miei ricordi, sono legati ai nomi di Bruno Bozzetto e Enzo D’Alò. Chi non ha visto “La Gabbianella Ed Il Gatto” di D’Alò e gli immortali “West And Soda”, “Vip – Mio Fratello Superuomo”, “Adagio Ma Non Troppo” e la serie del Signor Rossi di Bozzetto ? “Totò Sapore” altro lungometraggio d’animazione del 2003 di Maurizio Forestieri era troppo disneyano per rimanere nel cuore e “L’Arte Della Felicità” di Alessandro Rak, che troviamo anche nel team della Gatta, me lo sono perso. L’ho visto solo nella sua bella versione da libreria.
Cosa ho visto ? Nello stile grafico più main stream che potevo aspettarmi, in ordine sparso: Blade Runner, Gomorra, I Bastardi di Pizzofalcone, ampie tracce delle tragedie di Shakespeare con il fantasma del padre di Amleto in prima fila, un bel drammone della gelosia tipo “sedotta e abbandonata”, “Titanic” di Cameron (1997), “Le Mani sulla Città” di Francesco Rosi (1963), scarse tracce di “Made in Sud” ed un po’ di altre cose condite con un sottofondo musicale new neapolitan-power post Pino Daniele, ma questa è un’altra storia.
Domanda: ma possibile che da “Operazione San Gennaro” (Dino Risi 1966 n.d.r.) in poi, a Napoli, i criminali si occupano solo di droga ? Non voglio fare spoiler ma della storia originale non mi sembra che sia rimasto gran che: Cenerentola la gatta , la mamma adottiva più vittima che carnefice, delle sorellastre che appena si intuiscono e la celebratissima scarpetta che, e devo notare l’originalità della variante, non arriverà mai a Cenerentola ma che scatenerà il drammatico/salvifico/redenzionista epilogo della storia.
Quindi la storia della Gatta Cenerentola è giusto un pretesto per fare una graphic novel animata ambientata in una Napoli futuristica che un illuminato scienziato che sembra il padre di Tony Stark (Iron Man n.d.r.) vorrebbe meravigliosa ma che un cattivo ridurrà ad una specie di Bronx decadente e corrotto, dove la polizia sembra contare poco, per diventare una specie di Pablo Esobar in salsa partenopea. C’è la storia di riscatto e redenzione, c’è la donna che perde il treno della sua vita, c’è il botto finale.
Leggo la lista dei doppiatori tra cui spiccano: Massimiliano Gallo (Bastardi di Pizzofalcone), Maria Pia Calzone (Gomorra), Alessandro Gassmann (Bastardi di Pizzofalcone), Mariano Rigillo (Bastardi di Pizzofalcone), Renato Carpentieri (La Tenerezza), Ciro Priello (The Jackal), Gino Fastidio (Made in Sud) e per finire Enzo Gragnaniello. Un bel mix di tutta la Napoli che conta, dai pilastri alle nuove leve con l’adozione di Alessandro (Lojacono) Gassmann.
Dopo un poco significativo cortometraggio riempitivo, ho visto un prodotto che non mi ha entusuasmato. Giusto qualche bella trovata narrativa, molto ben confezionato con un tratto grafico che non è una novità. Di buono c’è che non cade nella trappola del fumettone in computer animation. La storia tutto sommato c’è ma, alla fine, niente di che. Posso dire che non gli perdono la ruffianeria della produzione ? Avrei preferito non ascoltare voci così note e così cariche di immagini. Se volevano gli attori potevano fare la versione italiota di Sin City e amen. Difetto più grave: troppo breve. 86 minuti non bastano alla storia che si voleva raccontare.
Due stelle su cinque.