Nel 1998 nasce il mio primo figlio, al suo battesimo scatto il mio ultimo rullino di fotografie, al successivo Natale mia moglie mi regala la mia prima macchina fotografica digitale, una Olympus, del tutto simile alla Kodak Instamatic ma con una scheda di memoria al posto del rullino ed un piccolo visore a colori per prendere l’inquadratura. Le fotografie non si sviluppavano, si scaricavano.
Dunque ricapitoliamo: siamo a ridosso della fine del secolo, la Apple e solo una piccola azienda americana che produce computer che nessuno usa, la musica è nei cd, l’Intel dopo l’80486 ha lanciato il primo Pentium e la Microsoft domina il mercato dei pc con il suo Windows 98. Nei negozi di elettronica cominciano ad apparire delle piccole macchine fotografiche senza rullino. Hanno il flash incorporato e producono dei file .jpg con una risoluzione di 1.3 megapixel. E’ l’alba della rivoluzione digitale che coinvolgerà il mondo della fotografia, della musica e dei media in generale.
Iniziai ad interessarmi ai computer e naturalmente alla computer music, passai dal registratore a cassette a quattro piste a Big Boss, il primo programma di registrazione digitale multi traccia che stava tutto si un singolo floppy disk a 1.44 megabyte. Si iniziavano a vedere i primi programmi di elaborazioni delle immagini. Ancora presto per parlare di post-produzione, cominciai ad usare un software che si trovava gratuitamente nei cd venduti in edicola allegati alle riviste di informatica chiamato Paintshop. Pian piano iniziai a perdere interesse, quelle immagini digitali non riuscivo a capirle. Avevo perso i tempi e le aperture, le lunghezze focali, le inquadrature e il limite massimo di 36 scatti a rullino.
Passarono ancora un po’ di anni e siamo nel nuovo secolo, la signora moglie mi regalò una nuova macchina fotografica. Ancora compatta, ancora Olympus, ma con una risoluzione di 6.1 megapixel. Erano gli anni in cui i fotografi amatoriali facevano a gara a misurarsi i pixel. La Canon e la Nikon cominciano a presentare le loro prime reflex digitali a prezzi proponibili al pubblico degli amatori. Niente da fare, ancora non mi ci ritrovavo e mi limitavo a scattare i momenti salienti della vita della famiglia, nulla di più. I 40 anni arrivarono puntuali.
Nel 2006 tutta la mia vita saltò per aria come un fuoco pirotecnico. Unica nota positiva di quell’anno: ricevo in regalo una Canon Eos 400D da 10.5 megapixel. In quel momento, con il nuovo giocattolo tra le mani, pensai di poter tornare al passato e riprendere a fare fotografie come ai tempi dell’analogico, niente di più sbagliato. Sembrava che l’amore per la fotografia fosse irrimediabilmente compromesso, anche a voler tornare all’analogico, stava diventando sempre più difficile trovare in commercio i vecchi rullini e laboratori attrezzati per svilupparli.
Giusto per comprendere meglio cosa stava accadendo alla fotografia in quegl’anni, l’iPod della Apple, l’indiscusso padrone del mercato dei lettori di mp3, apre alle immagini con la prima versione che può ospitare, oltre che migliaia di canzoni, anche migliaia di immagini e visualizzarle sul suo piccolo schermo a colori. Internet cominciava a diventare un media importante e Facebook era ancora lontano da venire. L’amicizia era ancora una cosa seria.
Nonostante innumerevoli tentativi c’era sempre qualche cosa che non andava, le immagini che venivano fuori dalla Cannon erano dei jpg ad alta risoluzione ma freddi, senza colore, senza significato. Basta pensai, è la fine e per un po’ rimasi senza scattare foto, giusto solo qualche foto ricordo.
Su internet è facile trovare prodotti a prezzi scontati. Non sempre sono cose serie ma spesso si possono fare buoni affari. Nel 2008 trovai un’offerta interessante, un minicorso di fotografia digitale di base, giusto quattro lezioni, 8 ore, a circa 20 euro. Decisi di darmi un’ultima possibilità per riaccendere l’antica passione.
Nei vicoli di Napoli, ai quartieri spagnoli, c’è un’antica galleria d’arte, era li che si sarebbe svolto il corso. Ero il più anziano di tutti, nella classe molte ragazze attrezzate di reflex ultimo tipo e poi questo omone grande e grosso dall’aspetto austero che cominciò a parlare di fotografia e mentre lo faceva, con grandi mani, prese a maneggiare prima una vecchia una lomografica, poi una reflex analogica. Ci mostrò un banco ottico parlando di sensibilità, aperture, tempi di scatto, composizione dell’immagine. Ero disorientato, mentre ascoltavo l’omone parlare mi chiesi: ma non era un corso di fotografia digitale ?
Dopo un po’ di ore di lezione teoriche, tutta la classe andò in strada a scattare un po’ di foto, si mise in pratica quello che si era imparato nella teoria. Nuovi elementi si aggiunsero al mio bagaglio tecnico, la mente mi si aprì. Il maestro, Marco Monteriso, fotografo professionista di lunghissimo corso e splendida persona, parlava e rendeva tutto facile. Mi dice di lasciar perdere il formato jpg e di scattare in formato raw. Provai a fare diversi scatti regolando anche l’impostazione del bilanciamento del bianco, cosa che fino a quel momento non avevo mai preso in considerazione. Impostai la mia Canon in modalità manuale, proprio com’era la vecchia Yashica. Mi resi conto che una foto digitale è più o meno come una foto analogica, ha bisogno di essere scattata facendo delle scelte, pensando alla luce, ha bisogno di essere sviluppata. Marco ripeteva in continuazione “in fotografia si sceglie sempre” e ogni volta che lo diceva mi sentivo piccolo piccolo, consapevole del fatto che avevo smesso di fotografare fin dalla prima macchinetta Olympus da 1.3 megapixel.
Tornai a casa dopo l’ultima lezione con una scheda piena di immagini, mi sentivo soddisfatto, foto fatte in strada, qualche ritratto ed, alla fine, anche una bellissima foto di Marco con la sua enorme macchina fotografica tra le mani. Dopo quel mini corso, ogni volta che ne ho avuto la possibilità, ho frequentato altri seminari di Marco, in particolare mi è rimasto nel cuore quello, bellissimo, dedicato al ritratto.
Da quel periodo in poi ripresi a fare foto con il cuore e con la testa, ho ampliato la mia attrezzatura, ho incominciato a fare ritratti, a scattare still-life e fare esperimenti di light painting. Ho continuato a studiare ed a leggere di fotografia, ho cominciato a sentirmi un po’ più fotografo, ho provato a mostrare le mie foto in giro e a realizzare qualche progetto a tema.
Di recente ho fatto un altro salto in avanti, sono passato ad una macchina fotografica a pieno formato, molto più simile alla vacchia 35 mm. analogica e, in un momento di nostalgia per i vecchi tempi, mi sono comprato anche un’ottica fissa da 50 mm., f.1,4, che fa delle inquadrature del tutto simili a quelle della Voigtlander buona di papà, senza la possibilità di aggiustare l’inquadratura con lo zoom.
A volte mi diverto a mettere la macchina in manuale e scatto foto senza guardare le informazioni che mi da il computer della macchina fotografica. Spengo anche il display per non vedere subito le immagini scattate proprio come quando ero piccolo. Torno a casa, se posso aspetto qualche giorno, e sviluppo il mio rullino. Scarico le foto nel mio Mac, apro Lightroom o Camera Raw (ma preferisco decisamente il primo al secondo), controllo che il monitor del computer sia correttamente tarato con un colorimetro, e sviluppo le foto. Cerco di produrre un’immagine che contenga una storia, pronta per essere inviata ad un servizio di stampa, per tornare ad avere una bella foto attaccata sul frigorifero della cucina.
Qualcuna finisce su Facebook per condividerla con amici e conoscenti, altre finiscono in rete nel mio blog che, in questi giorni, sto riorganizzando per dedicarlo quasi completamente alle mie foto. Ogni tanto tento anche qualche elaborazione grafica. La più riuscita sicuramente quella dove i Beatles attraversano le strisce pedonali del lungo mare di Napoli proprio come sulla copertina di Abbey Road. Ogni tanto la ritrovo in giro per la rete nei contesti più disparati. Oramai non è più mia.
Mi resta da capire, alla fine, che specie di fotografo sono e fin dove posso arrivare. Credo che ci sia ancora strada da fare, foto da scattare e storie da raccontare. Probabilmente non sarà mai il mio lavoro ma, la fotografia, è il mio mestiere.